In Turchia continua lo stato di emergenza. Sono stati revocati 11 mila passaporti, 65 mila persone sono state punite per il mancato golpe e il presidente Erdogan promette di portare avanti le “purghe” nonostante gli avvertimenti che arrivano dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.
Il vice primo ministro turco Mehmer Simsek ha annunciato che la Turchia sta rispettando i principi di democrazia e stato di diritto. Simsek ha affermato che il Paese continuerà a rispettare i diritti dei cittadini e nulla cambierà. La situazione ha avuto contraccolpi soprattutto a livello finanziario, ma la Turchia sopravviverà allo shock economico dei primi giorni dopo il golpe.
Sono stati revocati 11 mila passaporti e 65 mila persone sono state colpite dalle punizioni di Erdogan. La situazione è moto tesa. Il decreto del Governo turco dichiara che gli arresti saranno molti e che saranno chiusi duemila enti e istituzioni, tra cui università, sindacati e altri enti sospettati di essere a favore di Gulen. I dipendenti e i pubblici funzionari che saranno accertati essere pro Gulen saranno licenziati e allontanati dal settore pubblico per sempre. A Istanbul è stata chiusa l’organizzazione umanitaria Kimse Yok Mu (“c’è nessuno?”), impegnata in questi ultimi anni in diverse attività all’estero, anche in Palestina. Si pensa che questa organizzazione sia legata a Gulen.
Il presidente Recep Erdogan ha esortato la folla a scendere in piazza a manifestare contro il mancato golpe del 15 luglio. Lo ha fatto dopo la preghiera del venerdì. Erdogan ha urlato alla folla che essi hanno fermato i carri armati e gli elicotteri che andavano contro di loro e dovranno continuare con questa marcia. Ancora in forse l’applicazione della pena di morte, che però Erdogan auspica si attui per tutti coloro che hanno disobbedito e aizzato il golpe.
Intanto continuano i dissensi e i moniti contro la forte repressione di Erdogan da parte dell’Unione Europea e gli Stati Uniti.