Trentacinque anni fa, alla stazione centrale di Bologna, una valigia piena di tritolo esplose provocando 85 morti, 200 feriti, panico e distruzione. 35 anni dopo la strage di Bologna rimane una delle pagine più oscure del dopoguerra.
Alle 10.25 una sala d’aspetto particolarmente affollata per le partenze delle vacanze estive una bomba seminò panico e distruzione nella città emiliana, disintegrando con ventitré chili di esplosivo la vita e le speranze di quasi 100 persone.
Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d’aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell’azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L’esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario.
Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere.
Un eccidio senza precedenti e inimmaginabile, la piovra degli Anni di piombo che allunga i tentacoli sugli anni Ottanta e li sconvolge dalle fondamenta: facendo intuire che non tutto è passato, che tanti scheletri e complotti sono ancora in giro a ordire trame misteriose e pericolosissime.
Da allora, la verità non ha mai convinto fino in fondo, nonostante siano arrivate le condanne in via definitiva per Valerio Fioravanti detto Giusva, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini: tutti membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo eversivo di destra di matrice neofascista, e considerati esecutori materiali dell’attentato di Bologna.
Eppure oggi la verità su ciò che accadde quel 2 agosto 1980 sembra essere ancora molto lontana. Non è mai stato chiarito chi siano stati i mandanti dell’attentato e ogni tanto spuntano ancora nuove piste e nuove indiscrezioni.
La cosa certa è che Bologna è ancora un mistero. E tutti i proclami sciorinati oggi in queste ore dagli uomini delle istituzioni non riescono a restituire quella verità e quella giustizia che i parenti e gli amici delle vittime, 35 anni dopo, continuano a chiedere.