Con un colpo di spugna la Camera ha cancellato il divieto di utilizzo dell’air gun, la tanto discussa tecnologia che usa aria compressa per la ricerca di gas e petrolio in mare, contenuto nel ddl sugli ecoreati.
Chi farà uso di questa tecnica nei fondali marini non sarà più punito con la reclusione, da uno a tre anni. Colpa di tre emendamenti che hanno finito per annacquare il provvedimento, di fatto depotenziandolo, e che sono stati avallati con 353 voti favorevoli e solo 19 contrari. Ora il testo, in discussione da più di un anno, ripassa al Senato.
Confindustria e petrolieri tirano un sospiro di sollievo. Gli ambientalisti e l’opposizione promettono ancora battaglia. Secondo questi ultimi infatti l’air gun ha già provocato un impatto devastante a livello ambientale. Quando per esempio furono trovati spiaggiati dei capodogli a Vasto (Chieti) in tanti puntarono l’indice sulle trivellazioni in atto in mezzo al mar Adriatico.
Legambiente e Libera riferiscono che sono 17 le compagnie petrolifere interessate all’uso dell’air gun che hanno già presentato istanze per ottenere il permesso alla ricerca di petrolio in mare: 12 in particolare sono straniere, di cui 5 britanniche, 3 australiane, 2 norvegesi, una irlandese e una statunitense.
Un business, quello delle trivellazioni in mare aperto, che fa gola a tanti investitori stranieri. Contro lo sfruttamento petrolifero del mare italiano hanno alzato la voce pure Greenpeace e i deputati di opposizione delle due commissioni Ambiente di Camera e Senato.
La scelta è ovviamente difesa dal governo, con Renzi che dopo aver dichiarato la volontà di eliminare dalla proposta di legge l’articolo sull’air gun aveva manifestato la disponibilità ad apporre, se necessario (e come ormai da prassi) la fiducia a Palazzo Madama.
Soddisfazione anche dal fronte petrolieri-Confindustria. Squinzi si professa soddisfatto perché a suo parere il testo «nella sua formulazione originaria avrebbe portato alla criminalizzazione dell’attività di impresa in quanto tale».
Assomineraria, l’associazione di categoria che raggruppa le società attive nel settore dell’estrazione di idrocarburi, è riuscita nello scopo di deviare il testo sui suoi binari, dopo aver sentenziato che vietare l’air gun sarebbe equivalso a bloccare 17 miliardi di euro di investimenti.
Ora lo scontro passa al Senato; anche perché, oltre all’air gun, il ddl contiene tutta un’altra serie di norme sugli ecoreati: dall’inquinamento ambientale al disastro ambientale, dal traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività all’impedimento del controllo fino al reato di omessa bonifica.