Una volta tanto siamo primi in qualche classifica. Secondo l’Eures l’Italia infatti è il Paese che invia all’estero più curriculum (o curricula) vitae per cercare lavoro. Ma, ed ecco il solito contrappasso, è il Paese meno desiderato dai giovani stranieri per trovare un’occupazione.
Lo dicono i dati forniti nelle scorse settimane da Eures, il portale della mobilità professionale promosso dall’Unione Europea per facilitare la libera circolazione dei lavoratori all’interno dello spazio economico del Vecchio Continente.
I dati di aprile fotografano una situazione a dir poco inarrestabile: la fuga fuori dai continui italiani, infatti, continua imperterrita. Ogni giorno sono centinaia gli italiani che inseriscono il loro curriculum sul sito.
In un mese si è passati da 30.918 candidati in cerca di lavoro in uno Stato straniero a 32.122. Nel grafico della mobilità l’Italia è nettamente prima, davanti alla Spagna (26.892 cv inviati), la Romania (10.653), la Croazia (9.680), la Polonia (7.238) e il Portogallo con 7.192 persone pronte a prendere la valigia.
Dal quadro emerge come siano le economie più deboli dell’area europea a risentire di questa migrazione, che ha come conseguenze un ulteriore impoverimento del capitale umano a disposizione dei singoli Paesi per il progresso economico e un arretramento socio-culturale che sclerotizza le classi sociali e le possibilità di fare carriera nel paese d’origine.
In particolare, gli italiani che decidono di cercare un impiego lontano da casa scelgono principalmente i Paesi del Nord Europa, tendenzialmente accoglienti e dotati di un welfare sociale a misura di cittadino.
Allo stesso tempo però il Bel Paese non ha più il “job appeal” che poteva avere prima. L’Italia è in fondo a questa speciale classifica, visto che solo 28.083 persone hanno inviato curricula per cercare lavoro nello Stivale; poco meglio solo la Spagna (576 curricula in più).
I Paesi più desiderati restano ovviamente il Regno Unito (43.838 candidati), la Germania (41.279), la Svizzera (36.945) e la Svezia (32.211).
Per quanto riguarda il “traffico in uscita” dell’emigrazione, chi vuole andarsene dal proprio Paese – Italia compresa – punta a fare il cameriere, l’insegnante di lingue o l’assistente amministrativo. Ma si trovano anche potenziali impiegati, traduttori, segretari e architetti; pochi invece quelli che cercano fortuna nel settore informatico.
Sempre secondo Eures, le lingue più essenziali di altre per uscire dal Paese sono il tedesco, l’inglese e a sorpresa l’ungherese.
Il portale europeo della mobilità professionale parla anche del lavoro transfrontaliero: oltre 600.000 persone vivono in un Paese e lavorano in un altro, dovendo così affrontare pratiche nazionali, sistemi giuridici e retributivi spesso molto diversi fra loro.