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Social Progress Index, l’Italia è arretrata: 31esimo posto

Social Progress Index, l’Italia è arretrata: 31esimo posto

Cambiando il PIL con lo SPI, il risultato non cambia. Per la proprietà commutativa degli acronimi, l’Italia resta un paese infelice, economicamente e socialmente – e non solo – depresso.

È questo l’esito che si può leggere dai risultati dello SPI, lo Special Progress Index, elaborato da un gruppo di studiosi (economisti e statistici) nel 2009, e giunto ora a mappare lo stato della qualità della vita in 133 Paesi analizzati, per un’analisi compiuta sul 99% della popolazione mondiale.

Lo SPI supera il PIL, parametro unicamente economico che misura la ricchezza di un Paese, e poggia su tre pilastri: la capacità di una società di soddisfare i bisogni di base dei suoi cittadini (qualità ed accesso al sistema sanitario, diritto alla casa, sicurezza…), di fornire le basi per potersi costruire un benessere di lungo periodo (accesso all’educazione scolastica ed all’informazione), di dare le opportunità per potersi realizzare.

Ne viene fuori l’assunto che il motore del progresso sociale non è necessariamente la crescita economica. E infatti la classifica parla da sé: i primi tre Paesi al mondo dove si vive meglio e si ha più progresso sociale sono la Norvegia (88,36 punti), la Svezia (88,06) e la Svizzera (87.97).

I due paesi scandinavi eccellono per il loro welfare-State socialdemocratico, il Paese elvetico invece per la capacità di redistribuzione delle opportunità.

Nei primi 10 posti dell’Indice Spi troviamo altri Paesi tradizionalmente attenti al benessere sociale ed economico dei propri cittadini: Islanda (87.62); Nuova Zelanda (87.08); Canada (86.89); Finlandia (86.75); Danimarca (86.63); Olanda (86.50); Australia (86.42).

In fondo alla classifica purtroppo le conferme arrivano da soliti Stati: il peggiore in cui vivere è la Repubblica centrafricana (31.42). Seguono Ciad (33.17); Afghanistan (35.40); Guinea (39.60); Angola (40.00); Yemen (40.30); Niger (40.56); Etiopia (41.04).

L’Italia si piazza al 31esimo posto, subito prima della Spagna, ben dietro la Francia (21esima) e gli Usa (16esimi) che però crollano rispettivamente dal sesto e primo posto della classifica del Fondo monetario internazionale che si basa sul Pil.

L’Italia, con 77.38 punti, chiude dietro a Cipro la classifica dei Paesi cosiddetti di seconda fascia, ed è superata anche da Paesi ex comunisti come Slovenia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia e da Paesi in via di sviluppo come Uruguay, Cile e Costa Rica.

Restano dietro il Bel Paese altri giganti emergenti come Cina (92esima), Russia (71esima), Sudafrica (63esimo).

Secondo la scheda Italia riassunta dal Social Progressi Index 2015, l’Italia ha buone performances per l’acqua e i servizi igienico-sanitari e può ancora migliorare di molto nella componente della sicurezza personale. Alto è il punteggio ottenuto per l’accesso alla conoscenza di base (e anche per l’istruzione avanzata), ma gravissimi i ritardi nella sostenibilità ambientale.

Resta evidente la mediocrità del Paese-Italia, sempre in bilico fra eccellenza e crisi: sintomo di un Paese ricco che sopravvive grazie alle conquiste del passato ma che non riesce a progettare un futuro di benessere diffuso e condiviso, che vada oltre il PIL.

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