Il terrorismo islamico fa sempre più paura: non esiste una nazione sicura o esente da minacce. Ecco perché tanto l’Australia quanto la Turchia hanno accettato in queste ore di unirsi al fronte anti Isis. I nuovi alleati hanno già partecipato alle prime operazioni militari.
Non molti giorni fa l’Australia ha assistito all’arresto di un gran numero di immigrati affiliati all’Isis ed impegnati ad organizzare un grande attentato nel nuovissimo continente. E’ notizia di ieri invece che la Turchia deve sopportare la pressioni di un fronte jihadista.
In entrambi i casi, non è difficile comprenderlo, si può concludere che l’Isis ha dichiarato, magari indirettamente, guerra anche a queste nazioni. Non a caso il governo australiano, motivando la sua adesione alla coalizione, non ha mancato di rilevare quanto appena detto.
L’Australia, ricalcando un po’ le orme degli USA (almeno nella fase iniziale di quello che a tutti gli effetti si avvia a diventare la III guerra mondiale), ha concesso al fronte anti Isis l’impiego delle proprie truppe per operazioni di supporto e la disponibilità per i raid aerei.
Ciò significa che, almeno per il momento, l’Australia non invierà al fronte le truppe di terra. I soldati che partiranno alla volta dell’Iraq, al pari dei colleghi americani, si impegneranno soltanto nella pianificazione e nella coordinazione degli eserciti iracheni in lotta contro l’Isis.
Diversa appare la posizione della Turchia. Data la pressione jihadista attualmente presente sui confini e considerata la decapitazione di 4 ostaggi curdi, il governo ha deciso di partecipare attivamente al fronte anti Isis. Ciò nonostante un’iniziale ritrosia alla missione.
La nazione impiegherà quindi il suo esercito nella guerra all’Isis e concederà poi agli alleati di transitare sul suolo nazionale. La lotta alla filosofia jihadista poco alla volta inizia a diventare qualcosa che poco ha a che fare con le ideologie, e molto con la distribuzione dei poteri.