Cerchiamo di capire meglio quali sono i provvedimenti presi in ambito previdenziale con la conversione in legge della riforma PA, che ha portato novità soprattutto per quanto riguarda le pensioni anticipate, il cui meccanismo per i dirigenti e i dipendenti statali è stato rivisto.
Le categorie per le quali la riforma PA non ha portato modifiche per quanto riguarda la questione pensioni sono rappresentate da medici primari, professori universitari e giudici.
Un’aggiunta importante all’ordinamento è sicuramente rappresentata dall’introduzione del pensionamento d’ufficio: la PA può procedere alla rescissione unilaterale del contratto di lavoro del dipendente che ha maturato i requisiti di servizio, purché abbia compiuto il 62esimo anno d’età. Il limite sale a 65 anni per la categoria dei medici ospedalieri.
A questa introduzione fa da contraltare l’eliminazione del trattenimento in servizio, in modo da agevolare lo svecchiamento e il turnover: nessun dipendente pubblico potrà più richiedere di occupare la sua posizione per altri due anni oltre il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento (per i magistrati questo provvedimento avrà effetto solo dal 2016).
La bocciatura degli emendamenti ha fatto in modo che le penalizzazioni per coloro che accedono al pensionamento prima dei 62 anni non sono state cancellate (su spinta della Ragioneria di Stato) e questo ha causato non poche polemiche sia all’interno delle Aule che fuori.
Le novità sulle pensioni anticipate ovviamente riguardano solo i dipendenti della Pubblica Amministrazione, ma sono previsti cambiamenti anche per i lavoratori privati ed autonomi entro il prossimo autunno; per il momento sono già parecchi quelli che ritengono che con questa riforma PA i dipendenti pubblici abbiano un regime troppo favorevole rispetto ad autonomi e privati.