Antonio Iovine, un tempo boss del clan dei Casalesi e adesso pentito, dichiara che alcuni giudici operanti a Napoli si lasciavano corrompere dalla Camorra. La Procura di Roma ha adesso aperto un fascicolo per verificare l’esattezza di queste informazioni. Iovine parla di una vera e propria struttura organizzata costantemente presente all’interno del tribunale.
I magistrati romani incaricati di svolgere le indagini, ascolteranno in questi giorni la testimonianza diretta del pentito. Intanto, tra i nomi già circolanti dei giudici corrotti, affiora quello di un magistrato di Corte d’Appello di Napoli già indagato dalla Procura di Roma per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio.
Tra i casi più clamorosi di corruzione confessati da Iovine al Pubblico Ministero del Dda il più eclatante, oltre che vergognoso, sembrerebbe essere quello di un duplice omicidio processato in Corte d’Appello e “aggiustato” grazie a 250 mila euro versati nelle tasche di un avvocato e del giudice.
La notizia è certa e controllabile con facilità dato che l’imputato in quel caso era proprio Iovine che, in primo grado condannato all’ergastolo, fu invece assolto dalla Corte d’Appello. A prospettargli la soluzione fu all’epoca il suo avvocato, Michele Santonastaso, oggi indagato per altri reati.
Il meccanismo era conosciuto da parecchi avvocati abitualmente chiamati ad operare tra le mura del tribunale di Napoli. D’altra parte, ancora tramite le parole di Iovine, è possibile risalire a diversi casi giudicati in maniera dubbia e che soltanto adesso scoprono le vere logiche nascoste dietro ai rispettivi esiti giudiziari.
La giustizia, a seguito di queste rivelazioni, subisce un duro contraccolpo. Non soltanto deve fare i conti adesso con una realtà problematica, ma deve rispondere agli assalti di un’opinione pubblica sempre meno disposta a credere alle istituzioni e a quell’idealizzazione del concetto di giustizia espresso dal monito “La legge è uguale per tutti”.