Doveva essere una festa per tutti, ma la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina è stata rovinata dagli ennesimi scontri tra tifoserie avversarie.
Uno scenario davvero vergognoso che accende i riflettori sul nostro Paese, che non sembra in grado di gestire le partite di calcio. Molti si chiedono che fine abbia fatto lo Stato, soprattutto la Signora Marina Grasso, vedova del dell’ispettore capo Filippo Raciti ucciso qualche anno fa da un tifoso durante una partita di calcio.
Quel triste episodio di cronaca poteva insegnare molto a tutti, soprattutto alle istituzioni che dovevano cambiare la cultura del calcio per renderlo finalmente uno sport e non una scusa per uccidersi a vicenda. Invece nulla. Scontri tra tifoserie e forze dell’ordine continuano a riempire le pagine dei giornali ed i palinsesti dei telegiornali. Parlare di calcio diventa quindi difficile, anzi inutile perché qui il calcio non c’entra nulla. Ciò che sconvolge di più l’opinione pubblica è l’incapacità dello Stato di far fronte a questa situazione, che si trascina ormai da anni.
Molti Paesi europei hanno convissuto con questa piaga, ma con sforzi e determinazione sono riusciti a risolvere questo problema. Basti pensare all’Inghilterra con i sui hooligans. Quando la situazione divenne insostenibile molti anni fa, l’Inghilterra si autoescluse dalle competizioni europee per qualche anno e modernizzo gli impianti sportivi per renderli più a misura d’uomo. Si adoperò inoltre per snellire la giustizia e portare davanti al giudice il teppista di turno, che veniva immediatamente condannato e bandito dagli stadi di calcio.
L’Inghilterra lo ha fatto e ci è riuscita. Cosa impedisce all’Italia di imitare il suo modello? Perché assistiamo ancora a scene dive i “capi ultrà” parlano con i giocatori in campo e le forze dell’ordine? Perché dobbiamo chiedere il permesso di far giocare le partite a persone che dovrebbero invece stare sedute sugli spalti ad incitare la propria squadra?