Corrida: in Spagna la discussione riparte. Il gruppo Podemos, dopo le promesse in campagna elettorale, tuona contro le corride: «Basta con la sofferenza dei tori». Polemiche in tutto il Paese iberico.
Lo stesso quotidiano spagnolo El Mundo, tradizionalmente a favore degli spettacoli nell’arena dei tori, ha raccontato la preoccupazioni di toreri, picadores, allevatori e imprenditori, riuniti in riunione e visibilmente preoccupati.
Il parlamento catalano di Barcellona ha vietato le corride “dove gli animali soffrono”: praticamente tutte. Il governo centrale di Madrid invece ha cercato di tenere fede alla tradizione di un intero Paese, lo stesso ministro della Cultura ha addirittura indicato la tauromachia come patrimonio culturale da vincolare.
Ma la sensazione è che la battaglia fra pro-corrida e anti-corrida sia destinata a espandersi, visto il crescente peso politico che sta assumendo in Spagna il fenomeno politico di Podemos, gruppo di ispirazione di sinistra radicale fondato da Pablo Iglesias Turrion lo scorso anno e presente pure al Parlamento Europeo con 5 seggi dopo le elezioni europee del 2014.
Il gruppo non ha intenzione di vietare esplicitamente le corride, ma punta a trovare mezzi legali per evitarle, per esempio proponendo di tagliare i contributi di Regioni e Comuni. José Manuel Lopez, leader del movimento nella Comunità di Madrid, in campagna elettorale aveva detto: «Nessuna chiusura, ma la corrida si deve autosostenere».
In altre parti della Spagna c’è già chi si è attrezzato a dovere davanti a questa autentica rivoluzione culturale. La città galiziana di La Coruña parla già apertamente di divieto, e così pure Palma di Maiorca e Canarie.
Il grande bivio davanti a cui si trova tutto il grande paese spagnolo è questo: salviamo i tori o preserviamo l’economia e il divertimento di tanti turisti?
Certamente a favore della corrida sono i numeri statistici: gli occupati nel settore sono più di 10mila, l’impatto economico è di due miliardi di euro l’anno, e dai biglietti venduti arrivano trenta milioni di Iva l’anno.
Il corrispondente da Roma per El Mundo Ruben Amon ha sintetizzato in un motto lo spirito del fronte pro-corride: «Ci sono tanti modi per uccidere i tori: farli morire di inedia è il peggiore».
Da una parte quindi soldi e tradizione. Dall’altra invece lo spirito battagliero di chi intende portare avanti una battaglia di civiltà e al passo coi tempi, che si proclama a favore della sensibilizzazione contro lo sfruttamento animale in nome del profitto.
Uccidere un toro in uno stadio, inoltre, costa ogni anno in Spagna non solo tori morti, ma anche ferite mortali per tutto il “team umano” che sotto l’entusiasmo e lo stimolo del caloroso pubblico degli stadi combatte contro il furioso bovino dalle corna letali.
Alcune immagini rintracciabili sul web restano l’emblema più crudo di una tradizione millenaria costata la vita a migliaia di animali e di uomini. Tutto nel nome del pittoresco spettacolo della corrida spagnola.