Un filtro arcobaleno sulla propria immagine di profilo Facebook per i diritti gay? Macché, puro marketing. In 26 milioni si sono prestati inconsapevolmente alla campagna.
Tanti sono stati infatti gli utenti che in tutto il mondo e nel giro di pochi giorni hanno modificato l’immagine del proprio profilo sul social network più famoso di sempre per sensibilizzare con il riconoscimento dei matrimoni omosessuali, grazie all’opzione celebratepride.
Ma intanto, con la scusa delle prime nozze omosex legalizzate lo scorso venerdì negli Stati Uniti, Facebook è riuscito a raccogliere un’impressionante quantità di informazioni sui singoli utenti. Buona magari per qualche nuova trovata pubblicitaria.
In realtà più di qualcuno aveva provato a mettere in guardia gli utenti, come Cesar Hidalgo del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e Stacy Blasiola dell’Università dell’Illinois: «Si tratta di un esperimento di Facebook».
Il meccanismo alla base resta semplice: capire come i contenuti virali – i tormentoni da tastiera, per capirci – possano essere fatti circolare sui social network è fondamentale per chi ha il potere di orientare – o manipolare? – l’opinione di milioni e milioni di utenti.
Indagini di mercato, insomma, con cui Facebook può raccogliere dati sui gusti politici e sociali di milioni di persone di tutto il pianeta. E rivenderne magari i diritti di utilizzo a governi, aziende e grandi multinazionali dei più svariati settori.
E non è la prima volta che la società del social network fondato da Marc Zuckerberg lancia un esperimento simile: già nel 2013, e sempre per sostenere le unioni omosessuali, più di 1 milione di persone aveva condiviso, come foto del profilo, il simbolo rosso di Human Right Campaign.
Le battaglie per i cosiddetti “diritti civili”, si scoprì allora, hanno un andamento molto interessante sui social network: diffusione virale in pochissimo tempo e persistenza maggiore della norma. Insomma, contenuti di questo tipo si diffondono molto rapidamente e restano sulle pagine di ciascun utente per tanto tempo.
Questa volta il numero di “cavie ignare” si è nettamente accresciuto: 26 milioni gli utenti che sono caduti nella colorata trappola del marketing facebookiano.