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Il ministro francese dell’Interno, Bernard Cazeneuve, sta cercando di convincere Alfano sull’opportunità di creare in Italia e in Grecia dei campi Ue per distinguere i migranti economici da coloro che richiedono asilo politico già dal momento del loro arrivo. I primi sarebbero espulsi verso i loro Paesi d’origine, mentre i secondi divisi tra i Paesi d’Europa. È quanto in sintesi riportato oggi dal quotidiano francese Le Monde.
Dall’inizio dell’anno sono stati registrati oltre 8.000 passaggi e sono stati rispediti nel nostro paese Italia circa 6.000 migranti.
Secondo quanto reso noto dalle autorità francesi i migranti non devono passare, è l’Italia che deve farsene carico. Bisogna rispettare le regole di Schengen.
Il ministro francese, in un’intervista a radio RMC e BFM-Tv, ha sottolineato che nel 2014 hanno proceduto a 15.000 riaccompagnamenti alla frontiera, un fenomeno che si è riacuttizzato dall’inizio dell’anno.
Bernard Cazeneuve ha spiegato che il suo obiettivo è di trovare situazioni umane e umanitarie e non fare polemiche, proponendo ‘una legge per ridurre da 24 a 9 mesi il dossier dei richiedenti asilo. La legge è in corso di adozione in parlamento. Senza aspettare che venga approvata, abbiamo creato quasi diecimila posti per i richiedenti asilo. Devo fare in modo che di fronte a questo problema mondiale ci si occupi collettivamente di trovare delle soluzioni’.
Le Monde mette in evidenza che il blocco dei migranti tra Ventimiglia e Mentone è dovuto principalmente alla “scottante” situazione di Parigi, dove nel giro di appena una settimana centinaia di africani sono stati evacuati da accampamenti di fortuna.
Il presidente Francois Hollande domenica incontrerà il premier Matteo Renzi a Milano.
Il ministro francese dell’Interno, Bernard Cazeneuve, spinge dunque l’Italia ad accettare di creare dei centri per distinguere i migranti economici irregolari dai rifugiati.
I primi, secondo Cazeneuve, vengono dall’Africa Occidentale e non sono dunque oggetto di persecuzioni. Non è dunque possibile accoglierli ma devono essere riaccompagnati alla frontiera.
