L’Antartide è un territorio notoriamente inospitale; per questo per raccogliere dei dati idrografici difficilmente reperibili, alcuni scienziati hanno deciso di utilizzare delle telecamere montate sul corpo di alcuni esemplari di foche elefante. Tale scelta è dettata da diverse motivazioni.
Innanzitutto gli scienziati possono interagire con l’ambiente da posizioni più comode. In secondo luogo, motivo più importante di altri, il reperimento dei dati non altera gli equilibri ed in comportamenti degli animali presenti in Antartide, né interferisce in alcun modo sulla natura.
Altra motivazione che ha spinto gli scienziati ad adottare tale opzione è stata senza dubbio l’impossibilità o l’estrema difficoltà con cui un uomo, e a maggior ragione un team di scienziati, potrebbe arrivare e stazionare in determinate aree dell’Antartide.
Il problema invece non si pone minimamente per le foche elefante che, dotate di precisissimi trasmettitori satellitari in perenne comunicazione con gli scienziati, consentono, con i loro continui spostamenti per l’Antartide, di rilevare dati relativi alle temperature, agli oceani, ecc.
Tali informazioni sarebbero state diversamente del tutto impossibili da raccogliere in Antartide. Questo genere di studi si sono rivelati necessari non soltanto per conoscere meglio il nostro pianeta, ma anche e soprattutto per intervenire sui continui squilibri ecologici che interessano l’ambiente.
Grazie ai dati rilevati relativi a zone profondissime dell’oceano o a punti inarrivabili dell’Antartide, gli scienziati sono stati in grado di elaborare nuovi e più precisi modelli climatici. Questo metodo di osservazione, nato nel 2004, sembra oggi essere stato notevolmente perfezionato.
Inoltre, aspetto spesso trascurato in passato, ha un impatto sull’ambiente pressoché nullo pur garantendo ottimi risultati. Ci auguriamo quindi che possa presto diventare il normale modus operandi dei tanti scienziati che, ogni giorno, interrogano la Terra sui suoi misteri.