E’ stato trovato legato alla corda con cui si è impiccato, Roberto Manganaro, 47 anni, stimato imprenditore di Catania. Cosa lo ha spinto al suicidio? La paura dei debiti e l’angoscia di chi si sente soffocare dalla crisi, terrorizzato dalla prospettiva di dover chiudere a breve i suoi punti vendita e licenziare otto dipendenti, decide così di dire addio alla vita.Un uomo perbene, stimato da tutti nella sua città, Catania, a soli 47 anni, lasciamoglie e due figlie. «Roberto, vittima di una ‘società mangia-tutti’.
Generoso, prodigo, disinteressato…» queste le parole del parroco Ignazio Mirabella durante la cerimonia. Stesse valutazioni dell’ingegnere Giuseppe Piana, responsabile del settore sicurezza all’interno dell’associazione costruttori: «Ha messo l’etica sempre in una posizione primaria rispetto ad ogni scelta. E si è trovato a dovere decidere tra il proprio lavoro e i propri lavoratori. Vivendo questa sofferenza in maniera profonda, al punto da farla finita. Il suo sacrificio deve fare riflettere tutti noi imprenditori, le istituzioni, il sistema bancario e il sistema giudiziario. Perché è un’epoca particolarmente complicata e chi ha coscienza, chi ha una anima, chi non sa o non vuole scegliere solo con la logica del lucro, può trovarsi schiacciato. Come è accaduto a lui, angosciato da quegli otto licenziamenti che non voleva fare».
E poco lontano, a Santa Venerina, la storia si ripete. Un altro piccolo imprenditore, Michele Calì, soffocato dagli strozzini e da un controllo dei Nas al suo allevamento di polli, terrorizzato da non sapere più come andare avanti per via dei conti scoperti, prende la drastica decisione, a 58 anni e conuna figlia,di togliersi la vita con un colpo alla tempia.
Due tristi storie parallele che creano allarme in un Paeseafflitto dal una crisi dilagante. Si accende cosìl’ennesima spia del malessereche affligge l’Italia, senza che nessuno faccia qualcosa…