Stanotte alle 23:55 alla Camera si voterà per la fiducia che il ministro Madia ha posto ieri sul decreto legge di riforma delle Pubbliche Amministrazioni; alle 22:00 inizieranno le dichiarazioni di voto (Led si asterrà) e domani dovrebbe arrivare il via libera definitivo.
Tra le novità più importanti c’è l’innalzamento della soglia d’età per l’uscita obbligatoria per professori universitari e primari, che potranno andare in pensione a 68 anni; il limite dei 65 anni rimane per i medici, mentre i ricercatori vengono equiparati agli altri dipendenti pubblici, per i quali l’età della pensione arriva a 62 anni.
La regola sul pensionamento è stata riscritta anche perché contestata da oltre mille emendamenti; l’effetto della “rottamazione” è stato indebolito (il testo originale prevedeva il tetto dei 65 anni anche per primari e professori), ma è stato imposto, almeno per gli istituti accademici, un rimpiazzo del 100% (per ogni professore che va in pensione è obbligatorio procedere all’assunzione di un nuovo professore o ricercatore). Sono esclusi dalla regola i magistrati.
L’obiettivo dello svecchiamento delle amministrazioni verrà ottenuto con la norma che autorizza tutte le articolazioni della Pubblica Amministrazione (a partire da Ministeri, Regioni e Comuni) ad obbligare a lasciare il lavoro coloro che hanno raggiunto il limite massimo dei contributi previdenziali (42 anni e 3 mesi). Lo scambio generazionale e lo svecchiamento delle PA dovrebbero garantire, insieme, circa 75000 posti di lavoro in tre anni.
Altra novità prevista nella riforma PA: i componenti degli organi elettivi di collegi professionali e ordini non saranno inclusi nella regola che esclude la possibilità di incarichi per chi è in pensione.
Il premier Renzi affida alla newsletter il suo commento: al termine del percorso dei mille giorni (quando saranno compiuti tutti i passi della semplificazione) nessun cittadino dovrà più fare la coda agli sportelli: il certificato verrà consegnato, fisicamente o telematicamente, a casa del richiedente.