Le indagini sull’omicidio di Lidia Macchi si sono protratte per ben 27 anni; la soluzione del caso, ormai definitivamente chiuso, è però arrivata soltanto in questi giorni. Dietro la morte della ragazza si nasconderebbe la mano di un serial killer.
Lidia Macchi era una ragazza bella e solare originaria della provincia di Varese. Studentessa di giurisprudenza, impegnata nel sociale, facente parte del gruppo cattolico Comunione e Liberazione. Quel giorno, il 5 gennaio del 1987, aveva preso l’auto per andare a trovare in ospedale un’amica ricoverata .
Uscita dall’ospedale si perdono le sue tracce. L’ultima persona ad aver visto Lidia è stata proprio l’amica. I genitori, dato che la ragazza non rientra al solito orario, chiedono subito l’aiuto dei Carabinieri. Immediatamente scattano le ricerche, ma a trovare Lidia saranno tre amici.
La ragazza è a bordo della vettura di famiglia, una vecchia Panda. L’automobile ha lo sportello aperto ed il quadro acceso, Lidia, splendida ventunenne, è morta. Il suo cadavere è nascosto alla vista altrui da pezzi di cartone, i pantaloni e gli stivali sono stati evidentemente tolti e rimessi alla meno peggio.
Il corpo di Lidia è stato straziato da parecchie coltellate. Iniziano le indagini, ma non si riesce a trovare alcun indizio utile per risalire all’assassino. In un primo momento si arriva a sospettare di Don Antonio, parroco della chiesa frequentata dalla vittima.
Soltanto in questi giorni si è appurato che il sacerdote è stato erroneamente perseguito per 27 anni. Dell’omicidio, nel corso dell’87, si parla molto in televisione e 4 donne denunciano di aver subito un’aggressione da parte di un folle proprio nei pressi dell’ospedale in cui si era recata la povera Lidia.
Il caso resta comunque insoluto e cade nell’oblio fin quando i riflettori non vengono puntati su Giuseppe Piccolomo, accusato di delitti estranei al caso Macchi. Le figlie sono convinte che l’uomo sia un assassino;da piccole lo hanno visto lasciar morire la madre in un incendio.
Non solo, più volte l’uomo le ha rimproverate minacciandole di ucciderle come aveva fatto con Lidia. Adesso Piccolomo è in carcere per altre imputazioni, ma il caso, grazie alle moderne tecnologie, si è arricchito di nuove prove. Molti indizi convergono contro Giuseppe la cui colpevolezza è ormai certa.