Si è svolto ieri a Padova il congresso straordinario della Lega Nord, durante il quale Matteo Salvini è stato confermato come segretario federale fino al 15 dicembre 2016 (un solo voto contrario).
Nel suo discorso Salvini ha espresso con fermezza la sua contrarietà al renzismo, definendolo come una deriva statalista pericolosa, ma ammette anche che il centrodestra non esiste più, e lui non può candidarsi per un qualcosa che non esiste.
La speranza del segretario della Lega è che dopo l’assoluzione nel processo Ruby Berlusconi abbia di nuovo la forza per rilanciare Forza Italia, ma avverte che non ci saranno alleanze con chi si accoda a Renzi e Merkel.
Al momento attuale, secondo Salvini, l’unica strada percorribile dalla Lega è quella di proporsi da soli come alternativa al renzismo (senza però chiudere le porte ad eventuali alleanze), proponendo ai cittadini padani e italiani (e non ai partiti) una nuova visione rivoluzionaria che metta al centro del progetto proprio il cittadino, gli imprenditori, chi produce e crea ricchezza.
Il primo punto del piano-Salivni da cui ripartire è il lavoro: cancellare la riforma Fornero (la raccolta delle firme è già stata fatta) e abolire gli studi di settore sono i primi passi da affrontare.
Sul versante dei tributi i toni si accendono: per il 14 novembre è stato annunciato lo sciopero fiscale che dovrà essere un forte segnale per lo Stato ed Equitalia da parte di quel popolo che lavora e produce ma si sente oppresso e perseguitato. Chi ha subito un’alluvione o eventi del genere è invitato a non pagare le tasse. Anche l’introduzione del bancomat obbligatorio non è gradito dal segretario della Lega e viene proposta una rivoluzione fiscale con l’aliquota fissata per tutti al 20%.
Non sono mancati i soliti richiami all’indipendenza, per la quale Salvini si aspetta una forte spinta proprio dal Veneto, e spera che il suo pubblico non si limiti solo ad applaudire: c’è bisogno di gente capace di spingersi un po’ più in là quando si vede che il futuro o il lavoro sono a rischio.
A fine discorso ancora parole pesanti per Renzi, reo di aver penalizzato parecchio la democrazia con l’abolizione delle province e la cancellazione dei piccoli comuni e definito un’antidemocratica marionetta manovrata da Berlino.