Il Gip di Vercelli ha giudicato Elena Romani e Antonio Cangialosi, innocenti; per la legge Matilda Borin quindi non sarebbe morta né per volere della mamma, né per atti compiuti dal di lei fidanzato. Il caso pare quindi non riuscire a trovare alcuna soluzione.
Matilda era una belle bimba di quasi due anni, sorridente e con un paio di occhioni blu che ammaliavano. Un giorno la piccola viene trovata riversa a terra agonizzante. E’ il 2005 e Matilda muore in seguito a percosse ricevute sulla schiena che hanno generato lesioni agli organi interni.
Il fegato e la milza, letteralmente spappolati, della piccola Matilda non servono a dare ulteriori indizi circa la sua morte. Di certo si sa soltanto che, al momento dell’assassinio, in casa con la bambina c’erano soltanto la mamma e Antonio. Si pensa anche che il colpo fatale sia stato sferrato con un calcio ben assestato.
La mamma aveva raccontato che il giorno in cui è morta, Matilda aveva dato di stomaco sul letto e, presa in braccio la bimba e affidatala momentaneamente al compagno, andò a ripulire le lenzuola e a stenderle. Tornata vicino alla figlia la trovò ormai esanime tra le braccia di Antonio.
L’uomo invece sostiene di essersi accorto che Matilda, dopo essere stata presa a calci dalla mamma, stava molto male. Decise così di chiamare i soccorsi che, arrivando notevolmente in ritardo rispetto al momento della chiamata, non poterono salvare la bambina.
Della morte di Matilda, sicuramente non naturale né dovuta a movimenti maldestri della bambina, sono da subito stati ritenuti responsabili la mamma e il patrigno; forse in accordo o forse per iniziativa individuale di uno dei due. Dopo tre gradi di giudizio Elena è definitivamente libera da ogni accusa.
Anche Antonio è stato ritenuto legalmente estraneo ai fatti, ma è lo stesso GIP a rammaricarsi per non aver potuto procedere diversamente nel corso delle indagini e della proclamazione della sentenza. E’ sua convinzione infatti che Matilda morì perché assassinata da uno dei due adulti presenti in casa.