Il danno è enorme, ma si corre il forte rischio che possa trasformarsi in un vero disastro ambientale senza precedenti. La nave-cargo Rena, rimasta incagliata da sei giorni nella grande barriera corallina a due cento chilometri a sud-est di Auckland, in Nuova Zelanda, ha già disperso nelle limpide acque dell’Astrolabe, già oltre 20 mila tonnelate di gasolio, e la macchia di catrame sta già iniziando a consegnare i primi tremendi risultati sull’impatto ambientale ai cittadini locali. L’esosa fuoriuscita di gasolio dalla nave incastrata nella barriera corallina, al largo della spiaggia di Mount Maunganui, ha provocato l’arrivo nella Baia di Plenty, dei primi segnali del disastro ambientale in corso. I locali hanno rinvenuto sulla spiaggia grumi di catrame, indicati dagli esperti altamente tossici per la salute dell’uomo, per la fauna, e per l’ambiente.
Al momento ci sono 4 navi intorno alla Rena che tentano di recuperare il maggior quantitativo di gasolio, sottraendolo dunque al mare e alle possibilità che venga riversato in esso. La zona, abitata da diverse colonie di pinguini blu è a forte rischio a causa del possibile disastro ambientale che andrebbe a completarsi qualora l’attesa tempesta prevista dai meteorologi delle prossime ore a largo della Nuova Zelanda, potrebbe spezzare in due la nave-cargo incastrata, riversando così nelle acque neo-zelandesi, l’intero carico di gasolio in essa contenuto. Secondo Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greanpeace Italia, la nave Rena sarebbe stata fatta partire sebbene fosse stata priva di alcune carte nautiche, e punta il dito contro le autorità marittime della Nuova Zelanda. E forse il motivo dell’incidente accorso alla nave contro le conosciutissime barriere coralline, segnalate da tutte le mappe, sarebbe proprio la conseguenza della mancanza nella Rena di alcune mappe fondamentali di navigazione, riscontrata nei controlli dello scorso 28 settembre 2011.