Gli aggiornamenti sul caso di Yara Gambirasio sembrano gettare su Massimo Bossetti una luce ancora più cupa. Non soltanto l’istanza per la scarcerazione, almeno a parere del giudice che segue il caso, non può trovare accoglimento, ma l’alibi del muratore parrebbe crollato.
Massimo Giuseppe Bossetti, questo sembrerebbe almeno il motivo ufficiale, resta in carcere per un cavillo legale. I suoi avvocati infatti avrebbero dovuto presentare all’attenzione dell’accusa gli incartamenti con cui si richiedeva la scarcerazione del muratore di Mapello.
Perché l’istanza venga presa in considerazione quindi, i due legali della difesa dovranno preparare nuovamente tutta la documentazione e seguire l’iter stabilito dalla legge. Nel frattempo però la posizione di Massimo Giuseppe Bossetti potrebbe peggiorare ulteriormente.
Secondo le ultime indagini infatti la sera del 26 novembre 2010, data quasi sicura della morte della piccola Yara, Massimo Bossetti, contrariamente a quanto dichiarato, non si era recato al lavoro. Questa certezza deriverebbe da un esame attento delle celle telefoniche agganciate dal suo cellulare.
Il furgone di Massimo Bossetti, quindi, non avrebbe avuto motivo di stazionare nei pressi della palestra abitualmente frequentata da Yara. Del resto, tempo addietro, anche i colleghi del muratore di Mapello sostennero con certezza che l’uomo quel giorno non era arrivato in cantiere.
I dati ricavati dalle telecamere di sorveglianza della zona, incrociati con quelli provenienti dai tabulati telefonici, dimostrano che Bossetti rimase nei pressi del centro sportivo da cui proveniva Yara almeno dalle 17.45 fino alle 18.30. Il suo alibi a questo punto parrebbe del tutto crollato.
Si attendono quindi ulteriori sviluppi sulla controversa attribuzione di responsabilità per la morte dell’atleta di Brembate di Sopra a Massimo Bossetti. Nei prossimi giorni inoltre sarà possibile sapere se, nonostante gli indizi a suo sfavore, l’uomo potrà essere scarcerato.