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Ha destato scalpore il caso di un’insegnate di Trento licenziata, almeno così lei sostiene, perché omosessuale; sull’episodio interviene giustamente il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, che promette di vagliare personalmente i documenti prodotti dall’istituto e dalla docente.
La scuola dovrebbe essere il luogo in cui, oltre alla matematica e alla letteratura, si insegna ai bambini e ai ragazzi a diventare uomini, in cui si trasformano gli alunni nei custodi della futura umanità. Ciò significa abolire le barriere soprattutto se legate a razza, colore e sesso.
Una scuola paritaria della provincia di Trento gestita da una congregazione di suore avrebbe invece discriminato una professoressa perché dichiaratamente omosessuale. Questa almeno è l’accusa che la docente ha rivolto all’istituto presso cui lavorava.
Stefania Giannini, ministro dell’istruzione, è subito intervenuta. Ha avuto un colloquio con la madre superiora, nonché dirigente dell’istituto, la quale ha detto di non aver licenziato la docente perché omosessuale, ma per ragioni economiche.
La direttrice ha poi ammesso di aver avuto con la professoressa un dialogo molto intimo in cui ha chiesto alla docente se la sua natura omosessuale non dipendesse da problemi intimi, da disagi psicologici. Di certo un simile modo di interpretare la sessualità non depone a suo favore.
Mauro Bondi, presidente del Comitato Laici del Trentino ha notato che, ammesso che l’accusa fosse vera, la suora si sarebbe comportata seguendo i dettami del cattolicesimo; lo stato però dovrebbe reagire applicando i principi della Costituzione che vietano le discriminazioni sessuali.
Simile il parere di Enrico Lillo, presidente del Comitato Regionale Forza Italia del Trentino Alto Adige, dei sindacati e degli altri schieramenti politici. La docente omosessuale ha forse dato ai suoi ragazzi l’insegnamento più importante; bisogna sempre lottare per i propri diritti.
